Dato che il sole alimenta il sistema climatico della terra e fornisce l’energia per tutta la vita sul nostro pianeta, non dovrebbe destare nessuna sorpresa che i cambiamenti nell’attività solare possono influenzare le condizioni climatiche.
Solo perché l’irradianza solare totale varia solo leggermente, gli scienziati del clima hanno escluso la nostra stella come driver del cambiamento climatico… Infatti l’attività solare può essere un fattore di controllo per il clima modificando la copertura nuvolosa ai bassi livelli.
Non sorprende che questa idea è disprezzata dalla scienza del clima “corretta”, dal momento che diminuirebbe l’importanza dei gas ad effetto serra, la CO2, demone preferito dell’IPCC.
Da qui l’idea di effettuare un esperimento, coinvolgendo oltre 60 scienziati, eseguito al CERN di Ginevra.
Il grafico risultante mostra chiaramente come i raggi cosmici promuovono la formazione di gruppi di molecole (“particelle”) che nell’atmosfera reale possono coltivare e seminare le nuvole. Nell’esperimento la luce ultravioletta ha cominciato a produrre molecole di acido solforico nella camera, mentre un forte campo elettrico ha pulito l’aria dagli ioni (ore 03:45).
Tendeva a rimuovere cluster molecolari realizzati in ambiente neutro (n), ma alcuni di questi accumulati a un basso tasso. Non appena il campo elettrico è stato spento, alle 04.33, i raggi cosmici naturali (gcr) che “piovevano” attraverso il tetto della sala sperimentale a Ginevra, hanno contribuito a costruire cluster ad un tasso più elevato.
Come sappiamo che contribuivano? Perché quando, alle 04.58, il CLOUD ha simulato raggi cosmici più forti con un fascio di particelle cariche pione (ch) dall’acceleratore, il tasso di produzione di cluster divenne più veloce ancora.
Lo scopo di questo esperimento è quello di convalidare la tesi che i raggi cosmici producono una maggiore nuvolosità nei bassi strati dell’atmosfera e da qui la nascita di nubi artificiali in laboratorio.
Da qui le variazioni dell’irradianza solare incidono sul clima di Gaia.